Oggi nel nostro blog vogliamo parlarvi di un progetto che va al di là delle problematiche legate alla singola insegna luminosa, al pagamento delle imposte e al rispetto dei vincoli comunali, e che probabilmente farà colpo sui più romantici e nostalgici di voi, o, forse, vi farà riflettere su “come son cambiate, stanno cambiando e cambieranno le cose”.
Prima che iniziasse l’era delle multinazionali, grandi società con un proprio marchio, un proprio stile e una propria immagine, che diffondono capillarmente ed in maniera standardizzata in tutto il territorio in cui sono presenti, le città erano comunità, più o meno grandi, in cui erano presenti, lavoravano, producevano e parlavano il loro linguaggio le piccole-medie attività locali, realtà uniche nel loro genere e non riproposte serialmente in ambienti diversi da quello in cui nascevano. Di conseguenza l’immagine di ogni città si creava dalla commistione delle immagini delle piccole realtà che la componevano; la segnaletica e le insegne luminose, o non luminose che fossero, che accoglievano le persone dentro i negozi e gli edifici “erano impregnate di cultura e di storia locale. Le insegne venivano fabbricate da artigiani e costruttori locali ed erano radicate nel contesto visivo del luogo” all’interno del quale dovevano essere ubicate (ah! con che nostalgia ripensiamo anche noi a quei tempi, quando ogni pezzo dai noi prodotto veniva fabbricato come una piccola opera d’arte!).
Ecco allora che da un’idea della grafica e designer americana, Molly Woodward, nasce Vernacular Typography, un catalogo che fino ad ora raccoglie oltre 10.000 immagini di insegne raccolte in tutto il mondo, divise per categorie a seconda della tipologia, della regione e del loro utilizzo, partendo dalle insegne luminose e cartelli pubblicitari, per arrivare alle etichette dei campanelli, passando per il lettering delle lapidi e la segnaletica generica. Troviamo per esempio le categorie “Tabelloni abbandonati”, “Insegne metalliche”, “Insegne a filo neon”, “Wayfinding” e la categoria del tutto particolare che l’artista chiama “post no bills”, ovvero quella dei cartelli contro i cartelli.
La Woordward afferma che “il vernacular lettering e altre forme di comunicazione urbana riescono in qualche modo a preservare un senso di appartenenza e di cultura locale, e funzionano come segnali di un’identità regionale. Diventano i simboli della nostra eredità e quando questi simboli scompaiono, il nostro senso di appartenenza e di chi siamo si affievolisce.”
Il progetto Vernacular Typography è sponsorizzato da Artspire, un progetto della NYFA e raccoglie anche numerose foto di città italiane: Roma, Firenze e Venezia.